di Frà. Alexis Bugnolo
La carità cristiana richiede che non ci rifiutiamo di parlare con i nostri superiori o inferiori. La crisi della Chiesa ora è così grave che tutti noi dovremmo cercare di parlarne con i nostri superiori e su come porvi rimedio. Una cosa di cui dobbiamo discutere è la dichiarazione canonicamente errata dell’11 febbraio 2013 di colui che è Papa Benedetto XVI. Erronea, manifestamente, perché nessuno ha avuto il rispetto per il suo Ufficio o per la sua persona per sottolineare che l’atto doveva essere rifatto, se era sua intenzione postulare un atto in conformità al Canone 332 §2.
Per questo motivo ho scritto più di 50 cardinali, credo – non sono sicuro di aver perso il conto – per sollevare la questione. E recentemente uno di loro ha avuto la carità cristiana di rispondermi per iscritto. Non posso divulgare il testo vero e proprio, per il rispetto della sua persona e del suo ufficio, ma posso divulgare il mio testo in risposta, perché credo che affronti un problema che tutti noi abbiamo quando parliamo con i nostri superiori della Declaratio di Papa Benedetto.
Il cardinale mi ha scritto che dobbiamo presumere che papa Francesco sia validamente eletto e detenga il munus petrino, e quindi mi ha detto che non voleva parlare con me di persona della Rinuncia.
Ecco la mia risposta a questo principe della Chiesa:
Eminenza,
Se Voi chiedete a un qualsiasi dottore in giurisprudenza, vedrete che la ragione che mi date, cioè: “Dobbiamo presumere che papa Francesco sia un papa validamente eletto e detenga il munus petrino”, è un’affermazione che aggrava diversi errori:
1. In primo luogo, che un uomo sia il papa non è una presunzione di fatto, ma la conclusione del diritto. Per esempio, non è il papa, colui i cardinali dicono essere il papa, ma è il papa colui che è stato eletto secondo la norma dell’Universi Dominiic Gregis. Dire il primo, cioè che colui che i cardinali dicono sia il papa, è il papa, confonde i mezzi con cui si conosce un fatto canonico con la causa della legittimità di un fatto canonico. Sono due cose diverse.
2. In secondo luogo, in tutte le forme di diritto, sia il romano, napoleonico o comune, la cessazione del potere non è mai presunta. Questo è un principio antico, la cui ignoranza provocherebbe il caos nella società. Il corollario è che la cessazione del diritto non è mai presunta. Ora una rinuncia papale è il primo momento di una successione petrina. E la successione di un diritto legale viene giudicata come una cessazione del potere. Come mons. Arrieta, del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, ha affermato alla mia presenza l’11 dicembre 2019, tale atto di rinuncia deve essere chiaro in sé, non può essere interpretato come valido, perché nessuno ha il diritto di interpretarlo. Questo perché l’interpretazione di una legge è la causa di una diversa comprensione da quella che è. E il Codice di Diritto Canonico non concede questo diritto di interpretazione, nelle rinunce papali, poiché esse devono essere manifestamente rinunce del petrino munus.
3. In terzo luogo, la Vostra affermazione che si deve presumere che Papa Francesco sia validamente eletto, è il presupposto di una conclusione come prima premessa del Vostro pensiero. In altre parole, avete preso ciò che dovreste considerare, in virtù di una serie di illazioni basate sui fatti e sul diritto, quale conclusione, e ne fata il primo principio per cui la Vostra mente rifiuta di presupporre ciò da cui è illusa. Questo è l’errore logico chiamato petitio principii.
4. In verità, se si legge la Universi Dominici Gregis n. 37, Papa Giovanni Paolo II richiedeva che una sede vacante fosse verificata come legale. Ma Mons. Arrieta mi ha assicurato che tale verifica non è stata fatta nel febbraio 2013. Infatti, il canone 40 invalida tutto ciò che viene fatto da un soggetto che riceve un atto amministrativo, prima di verificare l’integrità dell’atto stesso. Eppure il Vaticano ha pubblicato per molti giorni diverse versioni della Declaratio, per cui non si è mai avuto un atto integrale prima dell’annuncio, pochi minuti dopo il Concistoro dell’11 febbraio, che l’atto significava una rinuncia al papato. Infatti, io come latinista che ho pubblicato una grammatica e tradotto oltre 9000 pagine di testi scolastici, ho trovato più di 40 errori nel testo latino. Ci sono inoltre almeno 6 errori canonici nell’atto centrale, che lo rendono invalido, nullo o irritante. Inoltre, il canone 41 dà a ciascuno di noi il dovere di rifiutare un actus nullus e richiede che ci si rivolga all’autorità che emette l’atto. Come mons. Arrieta mi ha ribadito, nel caso di dimissioni papali, se l’atto è nullo deve essere rifatto, e se non è chiaro il ricorso al superiore deve essere quello di sollecitare un altro atto valido, poiché egli stesso non può renderlo valido con un’interpretazione. Così, il solo fatto che papa Benedetto abbia detto di aver rinunciato al ministerium, quando il canone 332 §2 richiede la rinuncia al munus, significa che l’atto è anche irritus in virtù del canone 188, per errore sostanziale, e irritus in virtù del canone 38 per non contenere una deroga all’obbligo di nominare il munus.
Capisco che Voi, come cardinale, sareste pochi inclini ad affrontare la questione della legittimità del precedente apparente Conclave, al quale non avete mai partecipato, ma come cattolici rischiamo la pena della dannazione eterna, se lasciamo che la Successione Petrina vacilli per motivi così gravi. “Le parole hanno significati”, e se respingiamo questa massima, allora non troveremo misericordia davanti alla terribile sede del Giudizio del Verbo divino, che disse di papa Giovanni Paolo II quando previde il suo Codice di Diritto Canonico nel 1983: Tutto ciò che legherai sulla terra, sarà legato anche in cielo.
Infine, non ho chiesto un incontro con Vostra Eminenza, ma ho indicato le gravi ragioni per cui dovreste agire, e almeno fare la dovuta diligenza che Vi è richiesta nel Canone 41 e chiedere un’udienza privata a Papa Benedetto, prima che perda le sue facoltà mentali. Vi assicuro che Vi dirà che non è mai stata sua intenzione rinunciare al petrino munus, ma solo al ministero e all’ufficio petrino. Lo dico sulla base di uno studio completo di tutto quello che ha detto dall’11 febbraio 2013 ad oggi. E Antonio Socci è d’accordo con me, come ha detto nella sua intervista con Aldo Maria Valli proprio la settimana scorsa.
In san Francesco,
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CREDITS: Il testo della lettera si pubblica con il permesso del autore. L’immagine in evidenza è foto scattata da Frà Alexis Bugnolo, usata con il suo permesso. Essa è di un bas-rilievo di un papa inginocchiandosi davanti il Verbo divino incarnato, nella Capella della Santa Croce della Basilica di San Giovanni, qui a Roma.